I coniugi Tizio e Caia vivono da diversi anni una situazione familiare molto compromessa e del tutto priva di affetto coniugale. I due sono soliti trascorrere intere giornate ignorandosi vicendevolmente e i loro rapporti sono così tesi che si offendono reciprocamente in pubblico e, in privato, si picchiano vicendevolmente tanto da finire spesso, entrambi, in ospedale.
Stanchi di questa situazione i due si separano e Tizio, preoccupato di essere denunciato dalla moglie per la situazione da loro vissuta, si reca da un legale per un parere.
La condotta di Tizio è astrattamente riferibile al reato di maltrattamenti in famiglia, previsto e punito dall’art.572 cp.
Tale figura criminosa è posta a salvaguardia dell’incolumità psichica e fisica delle persone appartenenti ad un nucleo familiare (per quello che qui interessa), essendo comunque indifferente la relazione formale tra le persone coinvolte. Dal punto di vista materiale la nozione di “maltrattamenti” è stata definita come una serie di atti lesivi dell’integrità fisica e del patrimonio morale del soggetto passivo che rendono abitualmente dolorose le situazioni familiari (S.VI 91/3020); ciò comunque non è escluso dalla presenza di periodi di quiete ed accordo tra i soggetti coinvolti (S.V 96/8510).
I maltrattamenti infraconiugali necessitano di un apprezzabile lasso di tempo (S.VI 87/3020) ed il reato sarà consumato con l’ultimo della serie dei fatti. Inoltre, essendo un reato necessariamente abituale, dovrà essere sorretto dal dolo generico do sottoporre la vittima ad un sistema di sopraffazioni e vessazioni che ne avviliscono la personalità (S.VI 08/27048), essendo superfluo che l’agente sia animato dal fine di maltrattare la persona offesa (S.VI 04/4933).
In questo senso, sarà necessario verificare l’unitarietà del dolo nel senso di ricercare nella pluralità dei fatti il nesso psicologico comune caratterizzato dalla volontà di persistere in attività, già poste in essere, per vessare e prevaricare soggetti conviventi.
Ciò sarà esclusivo ogniqualvolta si presentano sporadici episodi di prevaricazione o violenza del tutto occasionali o sorretti da un dolo d’impeto (S.VI 87/3032). Tali fatti potranno viceversa ricadere sotto altre fattispecie di reato tipicamente previste (percosse, minacce, violenza privata, ingiurie, lesioni colpose).
Ritornando al caso in esame, i comportamenti posti in essere da Tizio potranno essere assorbiti nella contestazione del reato di cui all’art. 572 cp, ovvero, qualora l’elemento soggettivo non potesse essere ricostruito come detto, potranno essere contestati singolarmente, ma in tal caso ogni singolo episodio subirà un termine prescrizionale proprio e soggiacerà all’eventuale condizione di procedibilità (querela), a differenza di un eventuale assorbimento nel reato di maltrattamenti in famiglia (reato abituale con prescrizione decorrente dall’ultimo fatto addebitato, perseguibile d’ufficio).
Quanto al rapporto con il reato di lesioni volontarie, il reato in esame potrà concorrervi (S.VI 04/28367), stante la diversa obiettività giuridica.
Da ultimo, la giurisprudenza esclude che si possa configurare il reato di maltrattamenti in famiglia quando le violenze o le offese siano reciproche, anche se di diverso peso o gravità, perché non può dirsi che vi sia un soggetto che maltratta ed uno che sia maltrattato (S.VI 09/9531).