Tizio, a bordo della sua autovettura, utilizza per il pagamento del pedaggio autostradale al casello una tessera Viacard che gli viene ritirata dall’operatore perché, dopo essere stata usata per l’ultima volta lecitamente, era stata rigenerata e poi utilizzata indebitamente altre volte.
Tizio si giustifica affermando di aver acquistato la tessera da uno sconosciuto che, all’interno di un’area di servizio, gliela aveva venduta dicendo di essere rimasto senza benzina e con poco denaro.
Tizio, temendo di andare incontro a conseguenze penali a causa della sua condotta, si rivolge per un parere ad un legale.
La condotta descritta nel caso de quo può assumere una duplice connotazione penalmente illecita: la prima, relativa all’art. 712 cp che sanziona come contravvenzione l’acquisto di cose di sospetta provenienza; la seconda, di assoluto rilievo, in relazione all’art. 648 cp, ovvero il delitto di ricettazione.
In entrambi i casi è punita la condotta di chi acquista o riceve cose che provengono da reato (712), in senso lato, ovvero da delitto (648), essendo irrilevante l’identificazione del reato presupposto (Cass. S.II 91/9284) ovvero del suo autore. Costante giurisprudenza della Suprema Corte sottolinea che non è necessario l’accertamento giudiziale della commissione del delitto presupposto, potendo il giudice affermare l’esistenza attraverso prove logiche (Cass. S.II 09/10101); inoltre, per la contravvenzione d’incauto acquisto non è neppure richiesta la dimostrazione della provenienza da reato della “res”, essendo sufficiente che il soggetto, in presenza delle circostanze di fatto descritte nel 1’ comma dell’art. 712 cp, non accerti la legittima provenienza della cosa acquistata o ricevuta (Cass. S.I 99/6684; S.II 19.1.05). In quest’ultimo caso la penale responsabilità sarà dichiarata ogniqualvolta l’acquisto (o la ricezione) avvenga in tali circostanze – qualità della cosa, condizioni di chi la offre o entità del prezzo – da indurre una persona di media avvedutezza in sospetto circa la legittima della cosa (S.VI. 79/5581 – 76/192 ; S.V 81/839). Questo atteggiarsi dell’elemento soggettivo si caratterizza, in definitiva, in un comportamento colposo che si sostanzia in una mancanza di diligenza sul verificare la provenienza di cose che si sospetta possano provenire da reato.
Quanto alla ricettazione, diversamente, l’elemento soggettivo è caratterizzato dal dolo, ovvero dalla consapevolezza della provenienza illecita del bene: questa ben può essere desunta da prove indirette, purché gravi, univoche e tali da ingenerare in qualsiasi persona di media levatura intellettuale – e secondo la comune esperienza – la certezza della provenienza illecita di quanto appreso (Cass. Sez. II 04/18034 ; S.VI 98/6753); gli elementi indiretti possono pur essere quelli descritti dall’art. 712 cp, ma essi devono comunque coordinarsi logicamente di tal che si maturi la consapevolezza nell’agente che non si tratti ci cose legittimamente detenute da chi le offre (S.II 96/8072).
In secondo luogo, il dolo deve necessariamente configurarsi come specifico, nel senso che la norma richiede che la condotta sia posta in essere per il proprio o altrui profitto: nel caso “de quo” vi è sicuramente un vantaggio patrimoniale, ma ciò non è richiesto dalla norma e dalla giurisprudenza la quale ricomprende nella nozione di profitto qualsiasi vantaggio o utilità derivante dal possesso della cosa (Cass. S.II 00/11083).
Per quanto attiene al dolo, da ultimo, vi è da capire se questo possa atteggiarsi solo come diretto, ovvero sia ammesso anche nella forma eventuale. La Cassazione, da un lato, non riteneva sufficiente la rappresentazione del dubbio della provenienza della res da reato per integrare l’elemento psicologico:: in questo caso si riteneva più coerente degradare la condotta e/a quella prevista e punita dalla contravvenzione di cui all’art.712 cp (v. S.II 91/9271 , 00/1463).
Tale orientamento si è confrontato con altro radicalmente opposto che riteneva pienamente legittimo configurare nella fattispecie di cui all’art. 648 cp il dolo nella sua forma “eventuale”, ovvero quando l’accipiens si sia rappresentato la possibilità che la cosa potesse avere provenienza illecita e nonostante ciò abbia accettato il rischio di tale acquisto/ricezione (S.II 91/8972 , VI 93/7986).
A tale contrasto hanno recentemente risposto le SS.UU. con la sent. 09/12433, ammettendo la configurabilità del dolo eventuale, come sopra descritto, ma aggiungendo che tale rappresentazione della dubbia provenienza illecita della res non avrebbe dovuto comportare una diversa decisione dell’agente anche se ne avesse avuto la certezza, cioè l’agente avrebbe comunque acquistato la res pur avendo la certezza della sua provenienza da delitto. Da ciò discende che la condotta di Tizio può ragionevolmente comportare un duplice rischi penale: il primo, quello di cui alla contravvenzione per incontro acquisito (712), pacificamente riconducibile alla sua condotta; il secondo, ben più grave, per il delitto di ricettazione (648) nella sua configurazione di dolo eventuale che potrebbe comunque essergli contestato.
Tuttavia, in quest’ultimo caso, potrebbe ricorrere (S.II 89/3044) la circostanza attentamente di cui al comma 2 dell’art. 648, ovvero il “fatto di particolare tenuità” che dovrà essere valutato non tanto nella sua rilevanza economica, ma per tutti gli elementi di cui all’art. 133 cp: la circostanza attentamente de quo potrà infatti perfino concorrere con quello di cui all’art. 62 n.4 cp (S.VI 96/10766).
Da ultimo, occorre verificare se vi sia un concorso apparente di norma tra la fattispecie di cui all’art. 648 (712?) e quella prevista dall’art. 12 D.L. 143/91 (conv. Con mod. L. 197/91): questa prevede un elemento specializzante per la res oggetto di acquisto che dovrà essere una carta di credito ovvero di pagamento (anche equipollente); tuttavia questa norma prevede che la provenienza sia solamente “illecita”, mentre l’art. 648 cp esige che la res provenga da delitto; per cui il concorso apparente dovrà risolversi in favore dell’applicazione dell’art. 648 cp, per la presenza dell’elemento specializzante. Tuttavia deve ritenersi applicabile il primo periodo dell’art. 12 D.L. 143/91 nella parte in cui sanziona l’utilizzo indebito di carte o documenti che abilitino all’acquisto di beni o servizi. Tale delitto potrà essere contestato a Tizio secondo il combinato disposto di cui all’art. 81 cp.