L’adozione del sistema accusatorio e la costituzionalizzazione dei principi del giusto processo pongono il problema della effettività e della concretezza del diritto di difesa per l’indagato/imputato che sia privo di un’assistenza di fiducia.
Senza voler entrare nei meccanismi di funzionamento del sistema di cui alla Legge n. 60/2001 – coeva, appunto, a quella attuativa dei principi del giusto processo (n. 63) – saranno qui evidenziate le criticità dell’attuale quadro normativo.
Il primo comma dell’art. 97 cpp, diretta emanazione dell’art. 24 cost. e dei principi contenuti nelle carte internazionali sui diritti fondamentali, statuisce il diritto irrinunciabile alla difesa tecnica per l’accusato che ne sia privo.
Il secondo, delinea i meccanismi di nomina ed i requisiti soggettivi (cfr. art. 29 disp. att. cpp) che dovrebbero presiedere al diritto all’effettività della difesa d’ufficio: con la formazione delle tabelle, la turnazione e la rotazione gestita da un sistema centrale informatizzato si è sottratta all’autorità procedente qualsiasi funzione circa la nomina del difensore d’ufficio che precedentemente rischiava di essere “sottoposto” al Giudice. Sempre su questa linea sono state inserite norme sul diritto alla retribuzione (art. 31 disp. att. cpp), sulle agevolazioni per il recupero dei crediti professionali (art. 32 cit. e art. 116 DPR 115/02) e sulla retribuzione del difensore di persona irreperibile (art. 117 DPR 115/02). Per converso a garanzia di un’idonea preparazione tecnica del difensore vi è un’attestazione di idoneità rilasciata dall’Ordine di appartenenza sulla base (1) di documentazione che dimostri l’esercizio della professione in sede penale per almeno due anni, ovvero (2) della frequentazione di un corso di aggiornamento professionale qualificato: si ritiene da più parti che tale ultimo requisito non garantisca sufficientemente la preparazione e la competenza degli iscritti nelle liste inficiando di fatto il diritto all’effettività della difesa d’ufficio dell’assistito.
Sulla base di questo diritto, di recente, la Corte Costituzionale ha dichiarato la illegittimità dell’art. 8, comma 2 Legge Prof. Forense nella parte in cui prevedeva che i praticanti abilitati potessero essere inclusi nelle liste: ciò sia in ordine alla supposta – sic! – carente preparazione tecnica, sia – propriamente – per la ridotta capacità processuale nell’attività defensionale.
Dunque, per meglio garantire competenza e preparazione l’unica soluzione sembra quella degli elenchi di specialità che dovrebbero essere introdotti con la riforma dell’ordinamento forense.
Tralasciano momentaneamente il quarto comma, dobbiamo sottolineare la peculiare caratteristica distintiva della difesa d’ufficio: il quinto comma stabilisce che l’avvocato ha l’obbligo di prestare il patrocinio e può essere sostituito solo per giustificato motivo. Questa disposizione, seppur a prima vista eccessivamente stringente, trova la sua ratio nella libera scelta del professionista che decide di iscriversi negli elenchi, consapevole dell’elevato significato etico della funzione svolta.
Tuttavia ciò si scontra con i dati sull’assenteismo dei difensori d’ufficio (Camera Penale di Roma – Eurispes 2007) i quali denunciano che il 48% di quelli originariamente nominati non segue il processo al dibattimento, creando un vulnus nel sistema e compromettendo irreparabilmente i diritti dell’assistito.
Tale inefficienza non trova la necessaria correzione nel comma quarto dell’art. 94 cpp che disciplina la sostituzione, per ragioni d’urgenza, del difensore assente con uno immediatamente reperibile (seppur iscritto nell’elenco di cui al co. 2 del medesimo articolo). Ciò pone una serie di problemi non emendabili se non con una integrazione normativa.
Infatti, il legislatore, equiparando tale sostituzione a quella di cui all’art. 102 cpp, cancella in un sol colpo il diritto dell’accusato e del suo difensore (cfr. art. 99 cpp) a disporre del tempo necessario per preparare la difesa (art. 6 Conv. Europea dei diritti dell’uomo, recepito nel comma 3 dell’art. 111 cost. – art. 108 cpp), essendo assai frequente nelle aule di giustizia il ricorso a tale designazione che svilisce la funzione difensiva ad una presenza solo formale. Infatti, si potrà assistere alla designazione di tanti sostituti quante sono le udienze vanificando il principio dell’effettività del diritto di difesa attraverso l’interruzione della continuità nella difesa.
Ciò ha portato anche la Corte Europea dei diritti dell’uomo (1a sezione, 27.04.06, Sentenza Sannino) a condannare l’Italia per il suo sistema di difesa d’ufficio che deve essere garantito dal binomio inscindibile tra effettività e continuità nella difese cui è chiamata a sorvegliare – non solo formalmente – l’autorità giudiziaria.
Da ciò discende l’opportunità di inserire norme più rigide che obblighino il giudice ad informare il Consiglio dell’Ordine dell’assenza – non giustificata – del difensore di ufficio, cui dovrebbe seguire la sospensione automatica dalle liste fino alla definizione del procedimento disciplinare.
D’altro canto, pur non volendo giustificare chi si sottrae ad un sì alto impegno, è doveroso stigmatizzare anche il comportamento di quegli avvocati che, in spregio all’obbligo sancito dal comma 3 dell’art. 22 del Codice deontologico, comunicano al collega la nomina di fiducia solo in prossimità dell’udienza, avvilendo sia il rapporto di colleganza, sia la funzione.